Gestione del Cambiamento in azienda: il potere della Formazione nel Change Management

Giulio Beronia8 minuti
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Gestione del Cambiamento in azienda: il potere della Formazione nel Change Management

Il cambiamento in azienda è un passaggio inevitabile, oramai una costante in un mondo imprenditoriale in continua evoluzione. Le piccole e medie imprese (PMI) devono affrontare sfide uniche nel gestire il cambiamento, ma è proprio in questo contesto che la formazione gioca un ruolo cruciale nel rendere le aziende più agili e competitive.

Che cos'è il cambiamento in azienda?

Il cambiamento in azienda si riferisce a qualsiasi trasformazione significativa nei processi, nelle strutture o nelle culture organizzative. Può coinvolgere l'adozione di nuove tecnologie, modifiche nei processi operativi o addirittura un ripensamento radicale del modello di business. Affrontare il cambiamento è fondamentale per garantire la sopravvivenza e la crescita di un'azienda. 

Il cambiamento, però, sotto qualsiasi forma, non può essere semplicemente compreso attraverso il ragionamento logico. Secondo l'insegnamento ad esempio del surrealismo, sono le sfere irrazionali del cambiamento che offrono spazio a nuove modalità e forme espressive. La realtà e la surrealtà del cambiamento, tuttavia, spesso restano mondi separati.

Questa disgiunzione è causata dalle percezioni, dalle paure, dalle parole e dalle polarizzazioni coinvolte nel processo. Questo fenomeno è comune nelle trasformazioni organizzative e continuerà a manifestarsi, poiché è intrinsecamente un fatto umano. Ogni volta che si affronta un cambiamento, diventa evidente che nessuna trasformazione è mai completa.

La vera indicazione di un cambiamento significativo è la volontà di continuare a evolvere, anche quando sembra che il processo sia concluso: questo atteggiamento costituisce il segnale più chiaro che un vero cambiamento sia stato avviato.

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Perché il cambiamento è cruciale per le PMI e quali sono le sfide specifiche

Le PMI, pur essendo più flessibili rispetto alle grandi aziende, devono affrontare sfide specifiche quando si tratta di cambiamento. La mancanza di risorse finanziarie e umane, insieme alle inevitabili resistenze al cambiamento, possono rendere difficile implementare nuove strategie.

Tuttavia, l'adattabilità è essenziale per rimanere competitive indipendentemente dal settore o dalla storia imprenditoriale che le contraddistingue. L’attitudine al cambiamento consente alle PMI di rispondere meglio alle esigenze del mercato, di migliorare l'efficienza operativa e di sfruttare opportunità emergenti.

Le sfide derivano spesso dalla mancanza di una strategia chiara di change management e dalla fisiologica resistenza da parte di dipendenti e collaboratori. In questo contesto, la formazione diventa una leva fondamentale per attivare circoli virtuosi di trasformazione per le persone e per l’azienda.

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Il ruolo della formazione nel change management

In questo scenario la formazione svolge un ruolo chiave nel facilitare i processi di change management all'interno delle PMI. Essa può infatti contribuire positivamente per attivare i processi di consapevolezza e comprensione; da sempre nelle dinamiche manageriali la formazione è stata presa in considerazione poiché fornisce ai dipendenti una comprensione approfondita del motivo per cui il cambiamento è necessario con la finalità di ridurre le incertezze e le resistenze iniziali, creando un ambiente più favorevole all'adozione delle nuove pratiche.

In questo modo, la formazione agisce come un catalizzatore per superare le barriere emotive e comportamentali associate al cambiamento. Ma non solo. Una formazione al cambiamento considera come centrale lo sviluppo delle competenze necessarie, poiché le trasformazioni spesso richiedono nuove competenze e abilità; la formazione permette ai dipendenti di acquisire rapidamente le conoscenze necessarie, rendendoli più adatti a svolgere nuovi ruoli e compiti.

Non ultimo, tra i ruoli della formazione in questa ottica strategica c’è quello di creare il giusto coinvolgimento e la giusta partecipazione tra i dipendenti, al fine di aumentare la motivazione e la volontà di adattarsi alle nuove dinamiche aziendali.

Il cambiamento per le PMI è un requisito essenziale per la crescita e la sostenibilità, e la formazione si configura come uno strumento potente nel facilitare questo processo, contribuendo a creare un ambiente aziendale agile e competitivo.

Investire nella formazione dei dipendenti non solo migliora la capacità dell'organizzazione di adattarsi ai cambiamenti, ma crea anche una cultura aziendale incentrata sull'apprendimento continuo e sull'innovazione.

Il potere della formazione nel change management può essere riassunto con la parola "trasformabilità". Questo termine va oltre la semplice definizione concettuale, pratica o strumentale.

La trasformabilità è un concetto multiforme che si riferisce alla capacità intrinseca di individui e organizzazioni di imparare a trasformarsi, adottando di volta, in volta, le migliori strategie per farlo.

È un approccio completo che abbraccia nuove modalità di lavoro, apprendimento, innovazione e visione del futuro che abbiamo imparato a chiamare in questi ultimi anni “new normal”.

Perché è così importante avere una Learning Strategy? Scoprilo nell'articolo "Collegare la Learning Strategy agli Obiettivi di Business".

Identificare le necessità di cambiamento: situazioni e scenari

Le PMI possono trovarsi a dover gestire il cambiamento in una serie di scenari complessi e sfidanti. Proviamo ad esplorarne alcuni.

L'adattamento a nuove tecnologie rappresenta spesso una necessità, poiché l'evoluzione del panorama digitale è sotto gli occhi di tutti.

L'adattamento tecnologico è un processo cruciale per le organizzazioni che desiderano abbracciare l'innovazione e rimanere competitive e la formazione svolge un ruolo fondamentale nel facilitare la transizione verso nuove tecnologie, fornendo ai dipendenti le competenze necessarie e aiutandoli ad adottare con successo le nuove soluzioni.

Come possiamo immaginare, la formazione è essenziale in questo contesto, poiché fornisce agli utenti le competenze tecniche necessarie per utilizzare efficacemente le nuove tecnologie.

Questo può includere l'apprendimento di software specifici, l'uso di nuovi strumenti digitali o la comprensione di processi tecnologici avanzati. Senza competenze tecniche adeguate, gli utenti possono sentirsi frustrati e insicuri nell'utilizzare nuove tecnologie e la formazione aiuta a superare questa barriera fornendo una conoscenza pratica e applicativa.

Ma anche affrontare la resistenza al cambiamento e contribuire a creare una cultura aziendale aperta all'innovazione: sessioni di formazione incentrate sulla sensibilizzazione al cambiamento e sull'importanza dell'adattamento tecnologico possono modificare le percezioni e le mentalità.

In questa ottica non possono però mancare le attenzioni ad un apprendimento personalizzato che tenga conto del livello di competenza individuale e delle esigenze specifiche degli utenti, comunicazioni chiare, coinvolgimento dei dipendenti e supporto continuo durante il periodo di transizione e meccanismi di valutazione continua per monitorare l'efficacia del programma formativo.

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Una ristrutturazione aziendale, che può coinvolgere la ridefinizione dei processi interni o la riorganizzazione delle risorse umane, è un'altra situazione comune. 

Chi non sceglie il cambiamento, ma per motivi di forza maggiore – come in una acquisizione – lo deve condividere, si sente spesso catapultato in una realtà nuova, dove le prospettive di colpo sono stravolte.

Smarrimento, paura, rabbia, resistenza al cambiamento sono i sentimenti che molto spesso accompagnano le persone coinvolte e questo stato d’animo ostacola il difficile processo di integrazione che richiede, invece, molta energia, disponibilità e flessibilità.

L’esperienza organizzativa e manageriale ha insegnato che cambiare lo sguardo e il percepito delle persone è il modo migliore per affrontare questo tema più che cercare di convincere attraverso direttive.

Per facilitare il processo di integrazione non è sufficiente una “semplice” comunicazione razionale e oggettiva per quanto completa essa sia. Dei veri e propri moderni rituali di passaggio, nel senso antropologico del termine, aiutano le aziende impegnate nel percorso di transizione a costruire la nuova identità, affiancando management e dipendenti.

Inoltre, le PMI potrebbero dover affrontare il cambiamento quando decidono di espandersi in nuovi mercati, affrontando nuove sfide normative e di regolamentazione. In quest’ultimo caso, le modifiche normative (che possono variare da settore a settore), richiedono una rapida risposta e adattamento per garantire la compliance e la sostenibilità dell'azienda.

Affrontare in modo proattivo i cambiamenti di mercato e normativi richiede un approccio strategico e un impegno continuo verso l'adattamento. Le organizzazioni che riescono a prepararsi e a reagire rapidamente saranno più in grado di capitalizzare sulle opportunità emergenti e di mantenere la loro competitività nel lungo termine.

Questo sia in termini di preparazione al mercato, sia di adeguamento a nuove regole attraverso: un monitoraggio costante, l’agilità organizzativa, pianificazione finanziaria, partnership strategiche, ma soprattutto attraverso l’innovazione e la formazione continua.

Inoltre, situazioni impreviste come crisi economiche o sanitarie possono costringere le PMI a rivedere rapidamente le proprie strategie operative e finanziarie. Riconoscere i segnali che indicano la necessità di un cambiamento è essenziale per evitare il declino dell'azienda.

Questi potrebbero includere la diminuzione delle prestazioni finanziarie, la perdita di quote di mercato, la crescente insoddisfazione dei clienti o la mancanza di adattamento alle nuove tendenze di settore.

La capacità di identificare tempestivamente questi segnali è fondamentale per consentire alle PMI di anticipare il cambiamento anziché reagire in ritardo, e affrontare le crisi impreviste, come emergenze sanitarie o recessioni economiche, richiede una gestione oculata e flessibile, ma soprattutto una preparazione preventiva, una flessibilità operativa e un approccio collaborativo.

Le aziende che sono in grado di adattarsi rapidamente e gestire risorse in modo efficiente sono più propense a superare con successo periodi di incertezza e difficoltà. E in questo contesto, una formazione mirata emerge inevitabilmente come una risorsa strategica; la formazione non solo fornisce ai dipendenti le competenze necessarie per affrontare nuove sfide, ma contribuisce anche a creare una cultura aziendale orientata al cambiamento e, come già accennato, alla trasformabilità.

Modelli di gestione del cambiamento: teorie e applicazioni

Come abbiamo appena visto, nel contesto del Change Management, la formazione è una componente chiave per preparare e supportare le persone nell'affrontare e adattarsi ai cambiamenti organizzativi.

Proviamo allora a definire la formazione al cambiamento e alla trasformazione organizzativa partendo dalle teorie di base sull’apprendimento organizzativo.

La formazione mira a fornire agli individui le competenze, le conoscenze e le abilità necessarie per operare con successo in un nuovo contesto o con nuovi processi. Nella letteratura manageriale degli ultimi decenni si sono succedute e mescolate numerose teorie che sono sottese alla formazione nel contesto del Change Management e che comprendono, ad esempio:

  • la Teoria dell'Apprendimento Organizzativo, che sottolinea l'importanza dell'apprendimento collettivo all'interno di un'organizzazione, dove la formazione è vista come un mezzo per facilitare l'apprendimento organizzativo, e le conoscenze e le esperienze vengono condivise e integrate a livello collettivo.

  • la Teoria dell'Apprendimento Sociale, in cui le persone imparano osservando gli altri e i loro comportamenti. Rispetto al change management, questo si traduce in strategie che incoraggiano la condivisione delle esperienze tra colleghi e la modellazione di comportamenti desiderati.

  • la Teoria dell'Apprendimento Esperienziale per cui l'apprendimento mette l'accento sull'acquisizione di conoscenze attraverso l'esperienza pratica, e in ottica di change management può includere attività pratiche, simulazioni o progetti pilota che permettono alle persone di sperimentare direttamente i cambiamenti previsti.

  • la Teoria dell’Autoefficacia di Bandura invece enfatizza il ruolo della fiducia individuale nella propria capacità di eseguire compiti specifici. La formazione deve quindi mirare a rafforzare la fiducia delle persone nel gestire i cambiamenti, fornendo loro le competenze necessarie e le opportunità per il successo.

  • la Teoria del Ciclo dell'Apprendimento di Kolb identifica quattro fasi del processo di apprendimento: sperimentazione concreta, osservazione riflessiva, concettualizzazione astratta e sperimentazione attiva. La formazione al cambiamento organizzativo può essere progettata per affrontare ciascuna di queste fasi, facilitando così un apprendimento più completo e duraturo.

  • la Teoria delle Aspettative di Vroom, infine, suggerisce che l'impegno di un individuo dipende dalle aspettative che ha sui risultati delle sue azioni: la formazione dovrebbe pertanto mirare a creare aspettative positive e mostrare come il cambiamento porterà a risultati vantaggiosi per gli individui e per l'organizzazione nel suo complesso.

Integrare queste teorie nella progettazione di programmi di formazione durante i periodi di trasformazione può aumentare l'efficacia della preparazione delle persone e della loro adozione delle nuove pratiche o strutture.

Ma molto di più può fare un approccio che sia rivolto non al singolo “tassello” di innovazione o cambiamento da affrontare, ma un’educazione vera e propria al cambiamento culturale.

Come la terra viene coltivata, così la cultura indica un processo di crescita e sviluppo dell'essere umano attraverso una serie di procedure e di processi di apprendimento.

In questo contesto, il concetto di cultura può essere paragonato a quello di coltivazione, poiché mira a sviluppare qualcosa che, se trascurato, rischierebbe di non crescere o addirittura morire.

Tuttavia, ci si potrebbe chiedere se sia l'organizzazione a determinare la cultura delle persone o se siano le persone stesse, attraverso i loro comportamenti, a definire e manifestare la cultura dell'organizzazione.

La risposta a questa domanda non è univoca. Inoltre, l'avvento del digitale ha ulteriormente complicato la questione, demolendo i confini spazio-temporali dell'organizzazione e rendendo ancora più difficile fornire una risposta definitiva su questo tema.

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Modelli di gestione del cambiamento

Esplorare a questo punto i diversi modelli teorici di gestione del cambiamento offre alle PMI un quadro solido per affrontare le sfide in modo strategico. 

  • Il modello di Lewin, ad esempio, identifica tre fasi chiave: la disconferma dello status quo, la transizione attraverso il cambiamento, e l'instaurazione di un nuovo equilibrio. La formazione può essere integrata in questo modello concentrandosi sulla sensibilizzazione iniziale al cambiamento, fornendo competenze necessarie durante la transizione e consolidando il nuovo modo di operare.

  • Il modello ADKAR, sviluppato da Prosci, si concentra su cinque elementi fondamentali: Awareness (Consapevolezza), Desire (Desiderio), Knowledge (Conoscenza), Ability (Abilità) e Reinforcement (Rafforzamento). La formazione può essere progettata per indirizzare ciascuno di questi elementi, garantendo che i dipendenti siano consapevoli del cambiamento, desiderino attivamente partecipare, acquisiscano le competenze necessarie, siano in grado di applicarle e che il cambiamento sia rinforzato nel tempo.

  • Il McKinsey 7-S Framework enfatizza sette elementi chiave che le aziende devono considerare durante il cambiamento: Shared Values (Valori Condivisi), Strategy (Strategia), Structure (Struttura), Systems (Sistemi), Style (Stile), Staff (Personale) e Skills (Competenze). La formazione può essere integrata focalizzandosi sullo sviluppo delle competenze necessarie, garantendo che la struttura e i sistemi supportino il cambiamento, e promuovendo uno stile di leadership adatto alle nuove dinamiche.

In ciascuno di questi modelli, la formazione non è solo un complemento, ma un elemento chiave per il successo del processo di cambiamento. La progettazione di programmi formativi mirati, allineati ai principi di ciascun modello, può massimizzare l'efficacia del cambiamento nelle PMI.

La formazione diventa così un investimento strategico, contribuendo non solo a superare le sfide immediate del cambiamento, ma anche a creare un ambiente aziendale in grado di adattarsi continuamente alle mutevoli esigenze del mercato. Accanto ad una progettazione formativa rilevante e saliente, non dobbiamo dimenticare il ruolo strategico della leadership nei processi di trasformazione e guida verso la trasformabilità.

È chiaro che il leader nella “nuova normalità” non può concentrarsi esclusivamente sul "pensiero strategico", ma deve essere in grado di guidare con successo l'esecuzione dei progetti di cambiamento.

Dobbiamo considerare superata la distinzione tra coloro che elaborano le strategie e coloro che le mettono in pratica nell'organizzazione. I nuovi leader devono integrare abilmente direzione, azione e riflessione; la nuova condizione manageriale richiede un apprendimento su due fronti:

- attraverso l'azione (learning by doing)

- attraverso il pensiero (learning by thinking)

La duplice dimensione cognitiva e operativa è una caratteristica fondamentale di questo mindset. Carol Dweck lo definisce la modalità di pensare e l’insieme delle proprie convinzioni; il termine deriva dalla psicologia cognitiva, che pone l’attenzione su come le persone processano le informazioni.

Poiché gli esseri umani hanno una capacità limitata di assimilare e elaborare informazioni, il mindset aiuta a filtrare ciò che viene assorbito e come viene interpretato. A differenza del "modo di pensare", il mindset non è statico secondo Dweck, ma si evolve nel tempo in risposta a nuove esperienze ed osservazioni.

La neuroplasticità del cervello, che indica la sua capacità di cambiare in risposta a esperienze diverse, insieme alla capacità individuale di interpretare e metabolizzare le esperienze, sottende la differenza tra i due principali tipi di mindset: quello “fixed” e quello “growth”.

Mindset fixed e growth

Le persone con una mentalità fissa credono che le loro capacità siano essenzialmente immutabili, pensano che siano dotate di una quantità “fissa” di intelligenza, talento o abilità e che non ci sia molto che possano fare per cambiarlo.

Le sfide e i fallimenti sono spesso visti come segni di incapacità, portando a comportamenti che evitano rischi o sforzi che potrebbero esporli a un possibile fallimento. Al contrario, le persone con una mentalità “di crescita” credono che le loro capacità possano essere sviluppate attraverso l'impegno, la dedizione e la pratica.

Vedono il fallimento come un'opportunità di apprendimento e sono disposte a mettersi alla prova in nuove sfide. Questa mentalità promuove la resilienza, la motivazione e una prospettiva positiva nei confronti dello sviluppo personale

Il mindset fisso è statico e impermeabile, guidato da pigrizia, paura e orgoglio. Di fronte alle sfide, le persone con mindset fisso tendono a ritirarsi, a difendersi, a rinunciare facilmente e a respingere anche le critiche costruttive.

Al contrario, il growth mindset è orientato al miglioramento e alla crescita personale, con il desiderio intrinseco di imparare. Le sfide sono considerate opportunità di apprendimento, mentre gli errori sono visti come occasioni per scoprire qualcosa di nuovo. Il growth mindset incoraggia lo sforzo e il perseguimento del miglioramento continuo.

È importante notare che nessuno è completamente immune al mindset fisso e molto dipende dalla fase della vita personale o professionale e dalle condizioni del contesto che facilitano o ostacolano il rischio e la scoperta.

I principi chiave da innescare nei processi di change management rispetto a questo approccio sono quindi legati all’impegno, alla resilienza, all’apprendimento continuo, all’accettazione del feedback e alla fiducia nel potenziale.

Carol Dweck sostiene infatti che il passaggio da una mentalità fissa a una di crescita può avere un impatto significativo sulla performance, sulla motivazione e sulla felicità delle persone.

La consapevolezza della propria mentalità e il desiderio di coltivare una mentalità di crescita possono portare a una maggiore flessibilità mentale e a una prospettiva più positiva nei confronti delle sfide della vita.

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Modello SCARF

Sempre in tema di guida e gestione del cambiamento è utile tenere a mente il modello SCARF, ideato da David Rock, che fornisce una cornice utile per comprendere e gestire le reazioni emotive delle persone in contesti sociali e organizzativi. “SCARF” rappresenta un acronimo che indica cinque dimensioni che influenzano il comportamento umano:

  • Status (status)

  • Certainty (certezza)

  • Autonomy (autonomia)

  • Relatedness (relazionalità)

  • Fairness (equità)

Secondo l’autore, queste dimensioni possono attivare risposte simili a quelle legate alla minaccia o al premio nel cervello umano, influenzando significativamente il modo in cui le persone percepiscono e reagiscono agli eventi.

Ad esempio, una diminuzione del proprio status percepito, un senso di incertezza riguardo al futuro, la perdita di autonomia decisionale, relazioni sociali deboli o una percezione di ingiustizia possono scatenare reazioni emotive negative e comportamenti difensivi.

Al contrario, un aumento del proprio status, una maggiore certezza, un aumento dell'autonomia, relazioni sociali solide e un senso di equità possono generare reazioni positive e comportamenti proattivi.

Comprendere e gestire queste dimensioni può aiutare i leader e gli organizzatori a creare ambienti di lavoro più positivi e produttivi, riducendo i conflitti e migliorando la collaborazione e l'efficacia complessiva dell'organizzazione.

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Modello Change Map

Come sottolinea Alessia Canfarini in “Human capital 4.0” (2021), l'attivazione delle cinque leve della teoria SCARF può essere implementata attraverso piani di change management strutturati secondo il modello "Change Map" di SixSeconds. In questo modello, le frecce circolari delineano un ciclo di prototipazione rapido, trasformando il cambiamento in un processo di apprendimento continuo.

Il cerchio grigio interno rappresenta il ciclo della resistenza, dove le emozioni possono ostacolare il cambiamento, mentre il cerchio esterno rappresenta il ciclo dell'engagement, dove le emozioni favoriscono il cambiamento. Le frecce bianche rappresentano le transizioni, definendo il lavoro che genera energia per far girare il volano del cambiamento.

U theory

U Theory

Un altro contributo interessante e attuale a proposito di mindset e leadership del futuro è certamente quello di Otto Scharmer con la sua “U Theory”: si tratta di un vero e proprio percorso di allenamento a vedere e costruire il futuro cambiando il nostro modo di apprendere.

Scharmer ci ricorda come la nostra conoscenza si sia sempre basata sul passato andando a cercare idee e confronti nelle esperienze già vissute. Ma se limitiamo il nostro sguardo solo nella direzione di ciò che è già stato, corriamo il rischio di non vedere un futuro che è già presente e facilmente potremo riproporre prassi già desuete o addirittura gli stessi errori.

La sua proposta è completamente diversa. Partendo dalla nostra consapevolezza profonda, impariamo a vedere e a costruire il futuro che emerge.

Il modello U Theory pone l'accento sulla trasformazione personale e organizzativa attraverso la consapevolezza, l'ascolto profondo e la co-creazione. Attraverso l'esplorazione, l'essere presenti e l'attuazione di nuovi modelli mentali, l'U Theory mira a guidare il cambiamento verso una direzione più sostenibile e consapevole. 

La "U" nel nome rappresenta la forma della curva che rappresenta il processo di cambiamento, che assomiglia alla lettera U, che inizia proprio con una fase di “destrutturazione" in cui gli individui e le organizzazioni esplorano e lasciano andare schemi del passato, pregiudizi e vecchi modelli mentali per preparare il terreno al cambiamento.

A seguire si distingue una fase di “presencing” in cui gli individui sviluppano una maggiore consapevolezza di sé stessi e delle dinamiche circostanti e poi una fase finale in cui si traducono le intuizioni e la consapevolezza acquisite in azioni concrete. Ciò implica un'impostazione e un'attuazione di nuovi modelli mentali, pratiche e azioni che riflettano la visione trasformata.

Come è facile notare, tutte queste riflessioni afferiscono ad un approccio di learning organization da implementare nell’organizzazione, dove sistema intenzionalmente sfrutta i suoi processi di apprendimento e le competenze per comprendere se stesso e i suoi potenziali.

Attraverso la partecipazione dei soggetti coinvolti, si attivano dinamiche di interazione intra e extra-organizzative, utili allo sviluppo organizzativo. L'apprendimento diventa un mezzo per modificare i modi di operare, con l'obiettivo di un costante miglioramento dell'organizzazione.

Lo sviluppo è una lenta trasformazione che ha origine dall'apprendimento.

Argyris e Schön

In altre parole, l'apprendimento favorisce lo sviluppo. Una delle pratiche che è stata sviluppata nel tempo dalle grandi realtà aziendali per promuovere e incrementare la capacità di apprendere è stata l'organizzazione di gruppi di Action Learning.

Le organizzazioni, infatti, che considerano la conoscenza acquisita individualmente dai membri come un capitale comune sono definite delle concrete learning organization. Per esse, l'apprendimento organizzativo rappresenta un valore aggiunto e un canale di interazione e dialogo con le pressioni provenienti dall'ambiente esterno.

Imparare a imparare è quindi fondamentale per mantenere la capacità di apprendimento e garantire alla organizzazione un futuro di trasformabilità. Oggi nessuno è in grado di predire con certezza quali competenze saranno più richieste o utili, né quali sopravviveranno ai cambiamenti.

Il predominio delle competenze "human-driven" è una diretta conseguenza della democratizzazione delle competenze tecnologiche, un fenomeno irreversibile che continua ad abbattere le distinzioni tra lavoratori di diversi settori e che, ad esempio, renderà sempre più comuni i nostri presenti e futuri colleghi robot.

La capacità di apprendere rappresenta uno dei tratti distintivi anche delle organizzazioni cosiddette “Teal”, introdotte per la prima volta da Frederic Laloux nel 2016 in "Reinventare le Organizzazioni".

Se in passato la prospettiva di Laloux poteva sembrare visionaria e poco comune nella maggior parte delle aziende, la lettura delle sue pagine in questo periodo storico fatto di permacrisi, diventa un esercizio prezioso per comprendere quali strategie organizzative richiedano una rapida e intensificata attivazione.

L'adozione di forme avanzate di autogestione e auto-organizzazione, insieme alla valorizzazione completa dell'individuo (wholeness) e la condivisione di uno scopo aziendale evolutivo (purpose), sono ancora aspetti sui quali molte organizzazioni italiane faticano ad adeguarsi.

È evidente che la forma delle aziende del futuro si modellerà principalmente su tre dimensioni: identità, operatività e crescita. Mentre purpose, valori e cultura si collocano chiaramente nella sfera dell'identità, la struttura decisionale, il modello organizzativo e l'attrazione dei talenti costituiscono gli elementi centrali dell'operatività e della trasformabilità.

Tuttavia, è nella dimensione della crescita che si gioca il futuro delle organizzazioni. Le potenzialità legate all'adozione di una mentalità ecosistemica, insieme all'implementazione di piattaforme tecnologiche ricche di dati che guidano il processo decisionale, saranno solo parzialmente sfruttate se non sarà strutturata una solida strategia di apprendimento continuo.

Profili ibridi di competenze e modalità di apprendimento personalizzate saranno sempre di più i fattori chiave per promuovere la trasformazione dei modi di apprendere all'interno dell'organizzazione

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Strategie di formazione efficaci per il cambiamento

Abbiamo constatato che le strategie di formazione efficaci rivestono un ruolo fondamentale nel facilitare il cambiamento all'interno delle PMI, e l'adozione di metodologie innovative, la personalizzazione degli apprendimenti, gli approcci digitali e di e-learning possono notevolmente potenziare questo processo.

L'approccio alla formazione può essere effettivamente rivoluzionato integrando metodologie innovative come il learning by doing, la gamification, e il microlearning: coinvolgere i partecipanti in attività pratiche e simulazioni che riflettono le sfide del cambiamento, rendendo l'apprendimento più coinvolgente e memorabile, introdurre elementi ludici per rendere la formazione più divertente e stimolante e incoraggiando la partecipazione attiva sono alcuni degli aspetti da tenere in considerazione quando progettiamo percorsi formativi dedicati al cambiamento organizzativo.

Come accennato in altre occasioni, la personalizzazione dei programmi formativi è essenziale per rispondere alle esigenze specifiche dell’organizzazione: ciascun dipendente può affrontare il cambiamento in modi diversi; quindi, offrire un percorso formativo personalizzato può massimizzare l'efficacia, anche attraverso la valutazione delle competenze attuali e finali, la definizione di obiettivi personalizzati e l'adattamento dei contenuti formativi alle esigenze individuali.

Unitamente agli approcci digitali e alle peculiarità dell’e-learning che da sempre consente flessibilità e l'accessibilità in quanto l’online consente ai dipendenti di apprendere secondo il proprio ritmo, riducendo il tempo lontano dal lavoro operativo. Le risorse digitali, come video, webinar e moduli interattivi, rendono il processo di apprendimento più immediato e fruibile.

Ma per garantire che la formazione supporti davvero il cambiamento a lungo termine, come abbiamo visto, l'approccio dovrebbe integrare necessariamente il concetto di apprendimento continuo.

Le PMI possono promuovere una cultura di apprendimento continuo attraverso l'accesso a risorse costantemente aggiornate e la partecipazione a comunità di pratica, che favoriscono lo scambio di esperienze e la collaborazione tra dipendenti, creando un ambiente in cui l'apprendimento è un processo collettivo.

I benefici del change management supportato dalla formazione

Il supporto del change management attraverso la formazione offre una gamma diversificata di benefici tangibili e intangibili che possono fare la differenza cruciale per le PMI, trasformandole in organizzazioni più resilienti e competitive.

Da molti studi emerge in maniera rilevante che le PMI possono sperimentare un aumento delle performance operative attraverso l'acquisizione di competenze chiave necessarie per affrontare il cambiamento o come attraverso una formazione mirata si possano ridurre i costi associati all'adattamento, fornendo ai dipendenti le competenze necessarie per gestire le nuove sfide senza interruzioni significative.

Ma anche sul piano dei benefici più sottesi non possiamo notare che la formazione può svolgere un ruolo cruciale nella trasformazione culturale delle PMI, creando un ambiente orientato all'apprendimento continuo e all'innovazione, generando al contempo un aumento dell'engagement dei dipendenti, poiché si sentono supportati nel processo di trasformazione.

La capacità di affrontare il cambiamento in modo proattivo e la creazione di una cultura aziendale orientata all'innovazione sono fattori che contribuiscono alla sostenibilità e al successo a lungo termine delle PMI.

Accogliere nuove modalità di lavoro, apprendimento, innovazione e visione del futuro in linea con questa “nuova normalità” è fondamentale. Sulla base di queste riflessioni, le PMI e le imprese in generale devono fare della trasformabilità il loro principio guida e organizzativo.

Questo approccio supera la mera trasformazione, coinvolgendo la comprensione dei componenti “software” e “hardware” dell'organizzazione, come la cultura e i meccanismi neuroscientifici che influenzano il comportamento dei dipendenti.

Questo può portare ad esplorare la forma della "new normal organization" e i fattori su cui è essenziale concentrarsi per diventare "nativi della trasformabilità".

Concentrarsi sull'adattività come evoluzione della competenza e della padronanza tecnica diventa cruciale in un mondo VUCA, dove ciò che conta non è tanto cosa si impara, ma piuttosto come si impara.

È essenziale comprendere le sottili differenze tra reskilling, upskilling e transkilling. Inoltre, l'attenzione all'apprenditività, intesa come superamento dell'apprendimento fine a sé stesso, diventa sempre più importante, in quanto favorisce lo sviluppo del potenziale individuale e il benessere complessivo del dipendente.

Ancora, esplorare l'innovabilità come superamento di un concetto datato di “innovazione” è altrettanto cruciale. Questo ci porta a considerare alternative ai tradizionali modelli di business incentrati esclusivamente sul profitto e ci spinge a sviluppare una visione chiara del cambiamento e delle condizioni sistemiche necessarie per attuarlo anche in termini di sostenibilità e impatto sociale.

Infine, è essenziale aspirare alla ripensabilità come superamento del concetto tradizionale di management ancorato a modelli command&control della seconda rivoluzione industriale.

In questa modernità, non possiamo più permetterci di distinguere nettamente tra manager e leader o tra ruoli esecutivi e ruoli strategici: è fondamentale integrare pensiero e azione per raggiungere una convergenza tra visione e pragmatismo, utilizzando la ragione come strumento per tradurre visioni complesse in azioni concrete e sistemiche volte a promuovere la trasformabilità.


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Giulio Beronia
Autore GilityGenerational Workforce Strategist 

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