Competenze AI in azienda: la guida per formare un team a prova di futuro

Indice
- Cosa sono le competenze AI in azienda
- Le competenze AI essenziali: le 5 più importanti di oggi e di domani
- Le 5 skill essenziali per assolvere questo compito sono:
- Perché è cruciale sviluppare competenze AI oggi
- Chi sono i protagonisti dell'integrazione AI in azienda
- Quando è il momento giusto per formare il team
- Dove e come costruire un percorso formativo efficace
- Le 10 domande più comuni sulle competenze AI in azienda
- Gility, il tuo partner strategico per navigare la rivoluzione AI
Si fa in fretta a dire trasformazione digitale: ma esattamente, cosa significa intraprendere un percorso innovativo che aiuti a migliorare la competitività aziendale grazie alle nuove tecnologie? E quali sono, queste nuove tecnologie?
Le risposte oggi convergono tutte verso un’unica parola: intelligenza artificiale, ossia l’insieme di piattaforme e strumenti che permettono di accelerare processi, trovare risposte come mai era successo prima dei nuovi sistemi di “intelligenza generativa”. Entrare nel mondo dell’AI significa implementare le proprie competenze: una faccenda che riguarda spesso la formazione aziendale, e come intervenire sul capitale umano, impattando positivamente sul bagaglio di competenze grazie a un lavoro di sviluppo sulle skill di ogni risorsa.
Approfondire queste competenze e capire su quali puntare è necessario per non sprecare tempo e acquisire un vantaggio sui competitor: in questo articolo spiegheremo come farlo ottimizzando al massimo lo sforzo organizzativo ed economico.
Cosa sono le competenze AI in azienda
Lavorare con l’AI significa in primis discernere fra competenze tecniche ( hard skill) e comportamentali o trasversali (soft skill).
Le prime non sono appannaggio solo di sviluppatori e tecnici, ma stanno entrando nel quotidiano anche di chi svolge mansioni più di concetto affini al finance, al marketing, al sales o alla supply chain.
Tra le competenze o hard skill tecniche nel contesto dell’intelligenza artificiale ritroviamo:
1) Data Analysis: consiste nell’esplorare, pulire e interpretare dati grezzi per estrarre informazioni significative. È la base per prendere decisioni informate e costruire modelli predittivi.
2) Machine Learning: insieme di tecniche che permettono ai computer di apprendere da dati e fare previsioni senza essere esplicitamente programmati. Richiede la comprensione di algoritmi, feature e metriche di performance.
3) Programmazione: saper programmare in linguaggi come Python o R permette di costruire, testare e implementare soluzioni basate su dati e AI. Questi linguaggi sono particolarmente adatti per l’analisi statistica e il machine learning.
4) Prompt engineering: l’arte di progettare input testuali chiari ed efficaci per ottenere output desiderati da modelli di linguaggio. È una competenza cruciale per usare in modo produttivo strumenti come ChatGPT o Claude.
5) Gestione delle piattaforme AI: per usare al massimo le piattaforme AI è necessario saper configurare, monitorare e ottimizzare strumenti che offrono servizi di intelligenza artificiale (es. AWS, Azure, Hugging Face, OpenAI). Farlo al massimo richiede anche competenze operative e di governance dei dati.
6) Pensiero critico: capacità di analizzare e verificare la qualità, coerenza e affidabilità delle risposte fornite da sistemi AI, che spesso possono fornire informazioni non completamente veritiere. Aiuta a evitare errori, bias o allucinazioni algoritmiche.
7) Etica dell’AI: la comprensione delle implicazioni morali, sociali e legali dell’uso dell’intelligenza artificiale. Include temi come equità, privacy, trasparenza e responsabilità.
8) Progettazione: saper pianificare, coordinare e monitorare iniziative che integrano intelligenza artificiale, bilanciando tempi, costi, rischi e stakeholder. Richiede conoscenze sia tecniche che organizzative.
9) AI-Human collaboration: capacità di lavorare in sinergia con sistemi AI, riconoscendone i punti di forza e i limiti. Implica adattabilità, comunicazione efficace e consapevolezza dei ruoli tra umano e macchina.

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Per muoversi adeguatamente in questo mondo, è necessario attivare un processo evolutivo che non riguarda solo le competenze, ma anche il modo in cui interagiamo con queste piattaforme.
Esiste una definizione per descrivere questo passaggio: si passa dall’essere AI Literacy ad AI Fluency. L’AI Literacy è il livello base. Significa comprendere cosa sia l’intelligenza artificiale, come funziona, riconoscere quando un sistema usa l’AI e avere consapevolezza critica degli impatti etici, sociali e lavorativi che avrà. Infine, chi si avvicina a queste piattaforme deve avere consapevolezza di cosa siano e di come usarle responsabilmente.
Il livello di AI Literacy è un po’ l’equivalente di usare l’email e saper navigare sul web. La base però non basta: per questo è necessario tendere all’AI Fluency, che equivale alla padronanza professionale di una lingua straniera. Significa usare proattivamente strumenti basati sull’AI, comprendere concetti più tecnici come modelli di machine learning, dataset e bisas algoritmici, progettare, valutare o personalizzare soluzioni AI senza per forza essere specializzati e integrare l’AI nel proprio lavoro o organizzazione.
Passare da uno all’altro non è complicato, per quanto sia necessario lavorare sulle proprie skill personali: significa rendere le proprie competenze a forma di M (M-shaped skill), per dirla usando una definizione che avevamo già usato nel nostro blog, ossia integrare le skill AI in quello che si può considerare un profilo professionale moderno.
Le competenze AI essenziali: le 5 più importanti di oggi e di domani
Abbiamo visto su quali competenze AI oggi sia indispensabile lavorare, per sviluppare una competenza che sia autenticamente AI Fluency. Prompt engineering, data literacy, pensiero critico AI, machine learning ed etica AI, così come data analysis non sono però scollegate da un principio di formazione continua: senza un reale aggiornamento, il rischio è di trovarsi comunque indietro.
Ecco perché oltre a un lavoro di alfabetizzazione, è necessario dotarsi di competenze sull’AI più puntuali, che riguardino anche il modo di interagire con esse. Si tratta di sviluppare una sorta di abilità al governo delle piattaforme AI: se prima ci siamo concentrati sul linguaggio con cui dialogare, qui parliamo di supervisionare.
Le 5 skill essenziali per assolvere questo compito sono:
- Gestione di agenti AI autonomi: si passa dal dare comandi singoli al configurare agenti che agiscono in autonomia, seguendo obiettivi, regole e risorse. Questi software possono lavorare per ore o giorni, adattandosi da soli. Il ruolo umano diventa quello di supervisore.
- AI product management: consiste nel progettare e far crescere prodotti dove l’intelligenza artificiale è il cuore pulsante. Non è solo una funzione in più, ma la base del servizio. Serve visione, coordinamento tra team e attenzione all’esperienza dell’utente.
- Spiegabilità dell’AI: è la capacità di capire e far capire come e perché un modello ha preso una certa decisione. Fondamentale in ambiti regolamentati o sensibili, aiuta a creare fiducia e trasparenza verso chi non ha un background tecnico.
- Integrazione di sistemi AI complessi: unisce modelli, API, dati e piattaforme diverse per creare flussi automatizzati dove l’AI analizza, decide e agisce. Richiede competenze tecniche e visione d’insieme per costruire soluzioni fluide e ben coordinate.
- Creatività aumentata: l’intelligenza artificiale viene usata come alleato creativo. Supporta l’ideazione di testi, immagini, soluzioni o prototipi. Non rimpiazza il pensiero umano, ma lo espande con spunti nuovi e possibilità più rapide.
Perché è cruciale sviluppare competenze AI oggi
È possibile collegare direttamente la strategia di apprendimento agli obiettivi di business? La risposta è sì, e non si limita certo a questa stringata ma secca certezza.
Il tema centrale è che per ogni euro speso in formazione c’è un ROI dimostrabile in parametri piuttosto chiari, che possiamo elencare.
Nel dettaglio, infatti, i vantaggi delle competenze AI si possono trovare in una generale efficienza operativa, ma non solo.
L’AI dà una mano a eliminare le attività noiose e ripetitive, facendo risparmiare tempo ed energie. Le operazioni diventano più snelle e si lavora con meno errori.
Miglioramento del processo decisionale tramite data-driven insights
Grazie ai dati, si riesce a prendere decisioni più solide e meno “a sensazione”. L’AI aiuta a vedere pattern e tendenze che altrimenti passerebbero inosservati.
Creazione di nuovi prodotti, servizi ed esperienze cliente personalizzate
Si progettano soluzioni su misura, modellate sulle esigenze reali di chi le usa. L’AI permette di offrire esperienze uniche, evolutive e su scala.
Aumento della capacità di innovazione e del vantaggio competitivo
Chi sa usare bene l’AI può anticipare i cambiamenti, sperimentare di più e restare un passo avanti rispetto agli altri. È un boost all’innovazione.
Miglioramento dell’engagement dei dipendenti
Quando le persone vedono che l’AI le aiuta (e non le sostituisce), si sentono più coinvolte, valorizzate e pronte a evolversi. È un segnale di fiducia verso il futuro.
Adottando questo punto di vista, diventa chiaro che per ogni dipendente può diventare interessante formarsi su queste verticali: certo, per ogni ruolo c’è un impatto diverso.
Chi sono i protagonisti dell'integrazione AI in azienda
L’AI cambia i ruoli in azienda? Non proprio, ma certo li influenza. La leadership cambia, così come l’impatto dell’intelligenza artificiale cambia i reparti HR e la gestione dei processi (abbiamo già parlato di come utilizzare l’AI per ottimizzare il lavoro del team HR): ogni area può venir influenzata. Per questo, prima di entrare nel dettaglio di cosa approfondire (al di là dell’evoluzione AI Literacy - AI Fluency di cui abbiamo già parlato), è necessario come ruolo per ruolo l’intelligenza artificiale influenzi le varie funzioni. Leadership (CEO, C-level): chi sta al vertice deve vedere lontano. Capire come l’AI impatta sul business, fare scelte strategiche e spingere una cultura aperta all’innovazione. Se la direzione e la leadership ci crede, il resto segue.
Risorse umane e Learning & Development: qui il compito è doppio. Da un lato mappare le competenze, dall’altro progettare percorsi formativi su misura. Sono le HR e in generale chi si occupa di personea fare da ponte tra strategia e persone, facilitando il cambiamento.
Manager di linea: devono stare sul pezzo, capire dove l’AI può davvero aiutare e guidare i team nel cambiamento. Non basta dire "usate l’AI", serve mostrare il valore concreto nel lavoro quotidiano.
Team Tecnici (IT, CTO): a loro tocca il lavoro “sotto il cofano”. Scegliere le tecnologie giuste, integrarle bene nei sistemi già in uso e garantire sicurezza. Senza di loro, tutto il resto resta sulla carta.
Tutti i dipendenti: serve una base comune. Sapere cos’è l’AI, come funziona e come si usa in pratica. Nessuno deve diventare un tecnico, ma tutti devono sentirsi a proprio agio con gli strumenti intelligenti e avere una consapevolezza generale
Quando è il momento giusto per formare il team
Si può svolgere una skill gap analysis per realizzare il proprio piano di formazione AI: in generale però si può capire quando formare sull’intelligenza artificiale anche nella quotidianità. I segnali più importanti sono quelli che impattano sulla produzione, in primis, ma ci sono anche tante altre spie da tener conto

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Un nuovo progetto di trasformazione digitale prende forma: è l’occasione giusta per includere anche l’AI nella visione d’insieme. Se si sta già cambiando, tanto vale farlo con strumenti che davvero possono fare la differenza.
I competitor iniziano a usare l’AI e si fanno notare: ignorare il segnale può diventare un rischio. Rimanere fermi mentre gli altri sperimentano significa perdere slancio, se non direttamente quote di mercato.
Emergere di colli di bottiglia o processi inefficienti: spesso si continua a convivere con i problemi, ma l’AI può risolverli meglio e più in fretta. Ci sono soluzioni che non richiedono stravolgimenti, solo il coraggio di innovare dove serve.
Arriva il momento di pianificare l’anno (e i suoi obiettivi): è qui che si decide con quali competenze affrontare il futuro. Inserire l’AI nella strategia significa preparare le persone a lavorare in modo più efficace, non solo “fare formazione”.
I dipendenti iniziano a fare domande o mostrano curiosità (o paura): segno che l’AI è già entrata nel loro immaginario. Invece di aspettare che si creino fraintendimenti o ansie, meglio offrire chiarezza, strumenti e visione condivisa.
La soluzione? Avviare dei piani strategici di upskilling e reskilling può essere un passo fondamentale per trovare una via d’uscita veloce e che sia efficace.
Dove e come costruire un percorso formativo efficace
Le persone ci sono, l’interesse c’è, cosa serve? Esatto: un percorso formativo sull’AI che sia realmente efficiente e impattante sul proprio team. Per riuscire nell’obiettivo, è importantissimo capire come formare sull’AI, sviluppare percorsi formativi che siano tarati sul livello di partenza e che tengano conto del monte ore a disposizione. In questo, considerare l’impiego di piattaforme e-learning (magari anche gestite con l’AI!) può essere decisivo, così come valutare per definire il budget a monte la formazione finanziata, e le opportunità offerte dai fondi paritetici interprofessionali che sono oggi destinati all’acquisire competenze dedicate. Capire da dove partire: prima di buttarsi sulla formazione, serve una fotografia delle competenze reali in azienda. Dove siamo messi bene? Dove manca qualcosa? Questa mappatura aiuta a non sparare nel mucchio.
Costruire percorsi su misura: un solo corso per tutti? Non funziona. Chi fa marketing ha bisogni diversi da chi è in produzione. Servono percorsi diversi: base per chi inizia, avanzato per chi ci lavora già.
Scegliere come imparare: non tutti imparano allo stesso modo. L’e-learning è comodo e flessibile, i workshop servono per mettere le mani in pasta. Il mix ideale? Il blended: teoria online, pratica insieme.
Usare i fondi e le agevolazioni: la formazione in AI si può finanziare attraverso Fondi Interprofessionali, Avvisi, agevolazioni e contributi. Non è semplice farlo in autonomia perché la burocrazia è spesso complessa, ma basta affidarsi al partner giusto. Cconoscerlili, spere le scadenze e sviluppare e monitorare un piano formativo conforme per ottenerli: un’occasione da non perdere.
Le 10 domande più comuni sulle competenze AI in azienda
Ci potrebbero essere ancora dei dubbi dopo aver esplorato cosa significhi portare l’intelligenza artificiale in azienda. Val la pena però rispondere alle domande principali che possono sorgere.
Assolutamente no. Per lavorare bene con l’AI non è necessario diventare sviluppatori o tecnici. L’AI literacy riguarda la comprensione dei concetti di base, e saper usare gli strumenti in modo consapevole e capirne gli impatti può bastare per buona parte della popolazione aziendalegli staff. Il coding può essere utile in certi ruoli, ma non è richiesto a tutti.
Qual è una buona competenza di intelligenza artificiale generativa da cui iniziare per usarla bene?
Il prompt engineering, la capacità di formulare istruzioni chiare e mirate per ottenere risultati efficaci dagli strumenti AI, è spesso il punto di partenza ideale. Lo dicevamo prima quando spiegavamo la differenza fra AI Literacy e AI Fluency: ci sono diversi modi per usare l’AI, e anche livelli crescenti di competenze per “entrare” nella materia. Il prompt engineering si può definire come “l'arte e la scienza di creare, ottimizzare e perfezionare i prompt (istruzioni o domande) per ottenere risultati desiderati dai modelli di intelligenza artificiale, in particolare dai modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM)” (questa definizione, ad esempio, è stata creata con l’AI ndr). Si tratta di un’attività alla portata di tutti, una porta d’ingresso in un certo senso per cominciare a interagire con l’AI e integrarla nelle fasi di lavoro quotidiana. È semplice da apprendere, subito applicabile nel lavoro quotidiano e permette di ottenere risultati migliori dai tool generativi e non serve avere specifiche conoscenze nell’ambito della scrittura di codice. Una competenza pratica, che fa subito la differenza per ogni ruolo ad ogni livello: dal finance all’L&D, dal marketing al project management.

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Come si misura il ritorno sull’investimento (ROI) della formazione AI?
Dimostrare concretamente il ROI della formazione è molto complesso e vi sono ricerche contrastanti sul tema.Il ROI infatti è un rapporto finanziario che aiuta a comprendere l’utile dal capitale investito.
Nella formazione parliamo di persone, quindi possiamo valutare l’efficacia della formazione sulla performance. Vi sono vari modelli che possiamo considerare, come quello di Kirkpatrick o di Kaufmann. Possiamo inoltre. Ssi valutare osservando indicatori concreti: aumento della produttività, riduzione degli errori, accelerazione dei processi, maggiore qualità nei risultati. Anche la crescita dell’innovazione interna e il miglioramento del clima aziendale sono segnali da tenere d’occhio. Insomma, ci sono anche indicatori numerici!
La formazione AI è (sempre) costosa?
Non necessariamente. I costi variano in base al tipo di percorso scelto e al numero di partecipanti, ma esistono strumenti per ridurre o azzerare l’investimento iniziale, come la formazione finanziata tramite fondi interprofessionali o bandi pubblici. Attenzione però: molte opportunità hanno scadenze precise e richiedono una pianificazione accurata. Per questo, è fondamentale per l’HR monitorare i tempi e attivarsi con anticipo per non perdere occasioni preziose di sviluppo e innovazione. Con la giusta un po’ di pianificazione, l’accesso diventa molto più semplice.
L’intelligenza artificiale toglierà lavoro alle persone?
L’AI non è fatta per sostituire l’essere umano, ma per affiancarne e potenziarne il lavoro. La sua forza sta nel trasformare i ruoli, migliorare l’efficienza e liberare tempo per attività a maggior valore aggiunto. La direzione è quella della collaborazione tra persone e tecnologia, non della competizione. Diffidare sempre da chi dice “Basta l’AI”: significa che non la conosce fino in fondo. L’innovazione più efficace è sempre quella che mette al centro le competenze umane.
Qual è la differenza tra AI, Machine Learning e Deep Learning?
L’intelligenza artificiale (AI) è il campo più ampio, che comprende tutte le tecnologie che simulano comportamenti “intelligenti”. Il machine learning è una sua sotto-area, basata su algoritmi che apprendono dai dati. Il deep learning è ancora più specifico: usa reti neurali complesse per riconoscere schemi e compiere analisi avanzate.
Meglio un corso online o una formazione in presenza?
Non esiste una risposta unica o una formula valida per tutte le aziende: la scelta dipende dagli obiettivi formativi, dal contesto e dal livello di competenza iniziale dei discenti coinvolti. In molti casi, il blended learning, detto anche apprendimento ibrido (un mix di contenuti digitali e momenti in aula dal vivo) permette di unire la comodità della formazione a distanza con l’efficacia dell’interazione diretta.
Come si favorisce una cultura aziendale aperta all’intelligenza artificiale?
Tutto parte dalla leadership: serve visione strategica e comunicazione trasparente. Se chi guida il cambiamento mostra coerenza e coinvolge attivamente i team, diventa più facile diffondere una cultura positiva e collaborativa intorno all’AI. È fondamentale integrare percorsi di formazione, momenti di confronto e strumenti concreti per aiutare le persone a comprendere, sperimentare e valorizzare il potenziale dell’intelligenza artificiale nel proprio ruolo.
Esistono incentivi per le PMI che vogliono portare l’AI in azienda?
Sì, e sono spesso poco conosciuti o è complesso attivarli. Fondi Interprofessionali come Fondimpresa o Fondirigenti, il Fondo Nuove Competenze e numerosi o bandi regionalio nazionali possono coprire parzialmente o totalmente i costi della formazione sull’intelligenza artificiale.Accedere a queste risorse può fare la differenza per molte realtà. Ne parliamo nel webinar con gli esperti.

Da dove partire per progettare un piano formativo AI?
Il primo passo è una mappatura dei fabbisogni formativi: capire quali competenze sono già presenti in azienda e dove invece ci sono dei gap da colmare. Solo da questa consapevolezza è possibile progettare percorsi su misura, coerenti con ruoli, obiettivi e contesto organizzativo. Esistono partner specializzati che affiancano le imprese in tutto il processo, aiutando a tradurre la strategia aziendale in un piano formativo sull’AI strutturato ed evolutivo. L’Ai va di pari passo con il futuro del lavoro: ignorarla ormai significa ignorare il futuro.
Gility, il tuo partner strategico per navigare la rivoluzione AI
Fra questi partner, ovviamente, c’è Gility. L’AI come si può intuire dalla nostra dissertazione non è un territorio semplice, ma pretende un partner strategico che può accompagnare nell’analisi dei bisogni, la progettazione dei corsi e l’ottenimento dei finanziamenti per rendere la formazione sostenibile. Formarsi in questo campo non è una faccenda di semplice fornitura di corsi, ma trattasi di terreno su cui sviluppare una consulenza strutturata e pensata esplicitamente per chi lavora. La trasformazione AI della propria azienda inizia con un primo passo consapevole. I nostri esperti sono a disposizione di chi desidera una consulenza gratuita per scoprire come costruire il proprio piano formativo su misura per il team, anche attraverso percorsi finanziati.
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1) Tendenze AI 2025: Le innovazioni da tenere d'occhio quest'anno (link) 2) Primi segnali di valore con l'IA generativa (link) 3) Intelligenza artificiale: ecco le tendenze che plasmeranno il 2025 (link) 4) Superagency in the workplace: Empowering people to unlock AI’s full potential (link) 5) The Fearless Future: 2025 Global AI Jobs Barometer (link) 6) AI at Work: Momentum Builds, but Gaps Remain (link) 7) Knowledge Workers' Perspectives on AI Training for Responsible AI Use (link) 8) AI-based automation of jobs could increase inequality in UK, report says (link) 9) AI e Data Skill Report 2025 (link) 10) L’Intelligenza Artificiale e il Futuro del Lavoro in Italia: Analisi, Impatti e Strategie per i Professionisti dell’IA (link) 11) Assessing AI Adoption and Digitalization in SMEs: A Framework for Implementation (link) 12) Proceedings of the 3rd Italian Conference on Big Data and Data Science (link)
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